lunedì 17 maggio 2010

Due Scudi d'oro

Fonte: Inter Club Acquaviva

Era cominciata per caso, nella primavera del 2005: avevamo vinto la Coppa Italia, dopo anni di digiuno integrale e ricordo che l’accogliemmo come il più prezioso dei trofei, con tanto di foto conservata nel cellulare.
Quella mattina, la Gazzetta dello Sport uscì con un paginone centrale nel quale era immortalata la foto della premiazione, con Cordoba che solleva al cielo la Coppa in uno sventolìo di coriandoli; presi quella doppia pagina, la incollai su un cartoncino e ci misi sopra un vetro: da quel giorno, la parte centrale della mia scrivania ha sempre avuto le facce sorridenti di quella foto.


Cinque anni sono passati, quella foto c’è ancora, ma è diventata il sottofondo di altre dieci foto, più piccole, tutte racchiuse in quello spazio angusto, tanto che di quella prima immagine, solo la coppa è ancora visibile.
Cito a caso: Figo che alza la coppa-scudetto 2009; Zanetti con la maglia del centenario che solleva quella del 2007; Zanetti che bacia la supercoppa 2009 e solleva quella del 2007; Mourinho che bacia la Coppa Italia di quest’anno.
Ogni volta, la mattina presto ho acquistato una copia della Gazzetta e ne ho ritagliato la foto celebrativa, aggiungendola alla mia collezione.
Ho fatto la stessa cosa stamattina, e adesso sono qui che la guardo: tutti i ragazzi con la coppa-scudetto 2010, con in dosso le nuove maglie della prossima stagione.
Sono undici; undici trofei in cinque anni.

Se cinque anni fa, qualcuno mi avesse detto che oggi sarei stato qui a contare il mio undicesimo trofeo consecutivo, nel senso che ogni anno ci sarebbe stato qualcosa da festeggiare, a seconda dell’umore lo avrei invitato a bere qualcosa o mandato al diavolo.
Passi la Coppa Italia e la Supercoppa, che infondo puoi sempre vincerle, ma infilzare cinque scudetti uno in fila all’altro, per uno che in tutta la sua carriera da tifoso ne aveva visti solo tre, ben intervallati da un decennio ciascuno, è una cosa che non risiedeva nemmeno nei miei desideri.

Invece è accaduto.
Oggi è festa e dobbiamo celebrare i nostri eroi; tuttavia dico che non può essere un caso se tutto ciò è accaduto dopo calciopoli; non è per caso che, una volta smantellato quel sistema di potere mafioso, che vedeva rimpallare i successi tra le solite due e vigendo il quale, a noi toccavano sempre le annate storte, gli acquisti sbagliati, la sfortuna e le sviste arbitrali, come se uno squarcio si fosse prodotto in quel telo nero che ci avvolgeva, la luce abbia fatto il suo prepotente ingresso e tutto sia cambiato.

Quanti scudetti, quante coppe, quante feste ci hanno rubato?
Senza più la polizza-infortuni, magicamente anche ad altri è toccato sbagliare allenatori, calciatori, tattiche di gioco, partite e gol fatti; noi, al contrario abbiamo infilato una serie di felici scelte di uomini, che da Mancini a Mourinho e ai loro giocatori, ci hanno permesso di godere come ricci nell’ultimo quinquennio.

Il panorama è per giunta lontano dal cambiare, almeno per quanto oggi si possa razionalmente ipotizzare: la Roma ha infilato l’ennesima annata-monstre, veleggiando ben al di sopra delle sue possibilità, ma la cosa non gli è servita nemmeno stavolta a batterci; avrà la forza di ritentare?
Il Milan, terminato da un pezzo il suo ciclo, si dibatte nelle nebbie della ricostruzione, macinando uomini e allenatori, in un contesto di pacchia finita e di cordoni della borsa ben serrati: saprà venirne fuori?
La Juventus è un caso a parte; un caso disperato: il loro incubo siamo noi, quelli che gli hanno distrutto il giocattolo, quelli che gli hanno rubato la marmellata.
Il loro target non è ritornare ai fasti di un tempo ma battere noi, ostacolare l’Inter, fare la guerra a tutto quanto è Inter: avessero usato sul campo la metà della foga e della rabbia che adoperano sui giornali, nei tribunali, nelle interviste, in sterili polemiche ad uso e consumo del povero tifoso ormai rintronato dai loro insuccessi quanto dai nostri successi, forse adesso staremmo qui a considerare una nostra valida antagonista.

L’altra cosa che non accenna a cambiare è purtroppo l’atteggiamento dei mezzi di informazione nei nostri riguardi: sono convinto che sia servito in maniera decisiva a compattare l’ambiente e che questo abbia finito paradossalmente per favorirci, ma lo stress che si paga è insopportabile.
Avevo pregato di non rivivere mai più un finale di campionato come quello di Parma e invece quest’anno è stato lo stesso, forse peggio, non lo so…vincere contro tutto e contro tutti è bellissimo, ma il prezzo da pagare è esorbitante e non sono certo di avere più l’età per sopportarlo.

E’ finita, anche stavolta. Missione compiuta, lo scudetto è in cassaforte.
Lungi dall’essere finita è però la stagione: adesso c’è il tassello mancante, la bandiera da piantare sulla vetta più alta.
E poi la faccenda Mourinho, con tutto quello che ne seguirà.
Adesso però sono tranquillo e mi godrò la finale per quello che è: la formalità di assegnare la coppa ad una delle due squadre che sono arrivate alla fine; entrambe vogliono vincerla, entrambe possono vincerla, entrambe hanno concluso una stagione indimenticabile; una sola vincerà.

Io, la mia finale l’ho già vinta: aver visto coi miei occhi questa Inter vincere sul campo e aver visto decine di miei coetanei, con addosso le cicatrici di una vita, cantare ed urlare di gioia come dei ragazzini.
Era per questo che siamo arrivati fin qui, e il pensiero va a quanti non ce l’hanno fatta: la gioia è tanto grande che basta anche per voi, lassù.

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