venerdì 29 gennaio 2010

Coppa Italia: siamo in semifinale

L’ Inter e’ l’ultima semifinalista della Coppa Italia dopo la buona rimonta sulla Juventus, nell’incontro terminato da poche ore a San Siro.
Tra le emozioni e le soddisfazioni della partita segnalo una piccola rivincita per Ferrara, o meglio un atto di stima, nel dopo partita in sala stampa, dall’allenatore dell’Inter José Mourinho che lo difende a spada tratta “ Non lo rispetta nessuno, ma io sì “.

lunedì 25 gennaio 2010

Derby

Fonte: http://sfrenzychannel.blogspot.com/

San Siro - Ieri sera i Neroazzurri hanno vinto il derby per 2-0 chiudendo la 21/esima giornata di Serie A. L’Inter parte subito fortissimo stringendo nella propria metà campo i milanisti e al 10' arriva la rete di Milito che sfrutta un errore della difesa rossonera. Poi c’è l’espulsione di Sneijder al 30' che esagera nell’applaudire l’arbitro che aveva appena ammonito Lucio per simulazione. Molto discutibile l'ammonimento al difensore dell'Inter... Già in passato l'arbitro Rocchi ci ha abituato a certe scelte ed atteggiamenti. I campioni d'Italia restano in dieci e il Milan riesce timidamente a farsi vedere ma senza mai mettere paura alla retroguardia interista. Nella ripresa c’è lo sterile assedio milanista e proprio mentre i rossoneri premono di più arriva prima un fantastico contropiede di Milito che consente a Pandev di tirare a colpo sicuro ma la palla si stampa sul palo. Poi lo stesso Pandev sigla poco dopo il raddoppio su punizione dove Dida non nasconde qualche responsabilità. Nel finale di partita c’è prima l’espulsione di Lucio e a seguire il rigore calciato da Ronaldinho viene parato da un grande Julio Cesar in serata di grazia. La gara finisce con un'Inter in 9 uomini, spietata e bella, mentre un Milan ridimensionato scivola a -9 dalla capolista in attesa del recupero in casa della Fiorentina. Di seguito l'ampia sintesi con gli highlights della partita, commenti ed una lunga intervista al tecnico dell'Inter Josè Mourinho.

sabato 23 gennaio 2010

Mourinho: "Primi oggi e anche domani"

Fonte: Inter.it
[FOTO Sabato, 23 Gennaio 2010 16:28:06]

APPIANO GENTILE - Nella consueta conferenza stampa della vigilia, presenta così José Mourinho Inter-Milan, gara valida per il posticipo serale della 21^ giornata della Serie A Tim 2009-2010, in programma allo stadio 'Giuseppe Meazza' in San Siro, a Milano (ore 20.45).

Ecco la seconda e ultima parte della conferenza stampa del tecnico nerazzurro.

A sentirla parlare sembra che Fiorentina-Milan finirà con una vittoria dei rossoneri, perché continua a dire che il Milan è a tre punti...

"Non hanno perso. Non hanno perso".

In questi giorni si è letto che Inter-Milan è il derby del mondo, il derby più bello. Secondo lei che cos'ha in più o in meno rispetto agli altri derby?

"Di quelli che ho giocato io, la cosa che ha di più bello è il rispetto delle persone e la disciplina all'interno dello stadio, perché si tratta di due grandi rivali, rivali nella stessa città. Questo sarà il mio quarto derby di Milano, in tutti i precedenti c'è sempre stata disciplina ed educazione, rispetto senza alcuna violenza e questo è molto bello nella stessa città. Gli altri derby che ho giocato, tutti emozionalmente non meno forti di questo di Milano, o forse anche di più, però avevano a livello sociale la parola paura come incombente. Questa partita è davvero bella, mi ricordo la prima: devo riconoscere che ero un po' sorpreso di non vedere controlli della polizia e la gente che andava in giro per strada insieme con le sciarpe rossonere e nerazzurre. Questo, per me, lo rende un derby speciale".

La Lega e il Milan hanno un po' cambiato le carte in tavola rispetto al calendario in questa settimana. E poi c'è pure stato il ct Marcello Lippi che ha snobbato l'Inter. Mancanza di rispetto da parte loro o mancanza di potere da parte dell'Inter?

"Per me non è un problema, forse a Lippi non piace venire qua perché non è stato felice come allenatore dell'Inter. Forse venire alla Pinetina gli porta ricordi negativi, di un periodo della sua carriera che non è finito bene. Comunque, per me non è un problema se viene o non viene qua".

Arbitrerà l'internazionale Rocchi, cosa ne pensa?

"Nessun problema, prima della partita nessun arbitro è un problema per me. Prima di ogni partita io penso sempre che l'uomo del potere, il capo responsabile per gli arbitri, scelga chi gli dà fiducia e penso sempre che andrà a fare un grande lavoro, che l'arbitro andrà verso la gara con l'intenzione di fare bene, di non sbagliare, di essere bravo, e di uscire dal campo con orgoglio. Dopo la partita qualche volta invece esco con una sensazione diversa, sono arrabbiato e un po' frustrato, perché non capisco certe cose che accadono durante la gara. Ma prima di un match nessuno mi sentirà mai mettere pressione su un arbitro o dire che non mi piace, o dire che è tifoso del Milan, non entro in questo tipo di situazioni. Per me nessun problema, Rocchi è bravo e Collina che lo ha scelto è bravissimo. Solo mi auguro che vada tutto bene e che lui esca dal campo soddisfatto per il suo operato".

Quando sente dire che il Milan vi ha superato sul piano del gioco e dello spettacolo, questa cosa la infastidisce o la ritiene parzialmente vera? Insomma, cosa pensa?

"Non mi dà fastidio, ma ritengo che per poter dire una cosa del genere, ogni oltre dubbio, avrebbero dovuto segnare qualche gol in più perché noi segnamo di più e avrebbero dovuto vincere di più perché noi vinciamo di più e avrebbero dovuto avere qualche punto in più perché noi ne abbiamo di più. Questo per me è il vero spettacolo, vittoria, punti e gol. In questo momento noi abbiamo più vittorie, più punti e più gol. Se tra un mese ne avranno più loro e saranno davanti, sarò io il primo a dire bravi, sono riusciti ad essere meglio di noi e a dare più spettacolo. Ma ripeto, per me spettacolo è e sarà sempre segnare di più, vincere di più e stare davanti".

Che cosa le piace di più del Milan e che cosa teme del Milan?

"Io non temo niente di nessuno. E non è una gran preoccupazione per me. Ovviamente ho fatto, con scrupolo, il mio lavoro, certo non vado a fare l'ipocrita dicendo che non ho visto nessun video. Non mi interessa come gioca il Milan, ho svolto il mio lavoro con il mio staff, però in un modo assolutamente normale. È una squadra che sa cosa fa in campo, non è una squadra che entra e dice 'vediamo quello che succederà'. No, è una squadra che ha una filosofia di gioco, con dei movimenti che si vede essere il risultato di un duro lavoro, giocano in modo equilibrato, estremamente adattato alle caratteristiche dei loro giocatori. Sono una squadra e quando dico che sono una squadra è una attestato di rispetto da parte mia, il massimo che si può rivolgere: non giocano come undici singoli ma come squadra, e noi li rispettiamo. Se un pari è un risultato buono per noi? No. Il risultato che mi soddisfa è la vittoria, solo la vittoria".

Con un pari comunque almeno manterrebbe la sua imbattibilità...

"Io non ho mai giocato per un record, per la mia imbattibilità. Pareggiavo in casa con il Siena e la squadra stava giocando in un modo pazzo, e io non ho fatto niente per terminare la gara con un pari e non lo farò mai. Lo ripeto, non mi interessa il record, e il giorno che il record sarà interrotto, per me non sarà un dramma ma il giorno dell'orgoglio. Perché sarà il giorno nel quale potrò dire che sono 100 e non so quanto, o non so quanti anni, che non perdo in casa. Sarà giorno di orgoglio e non di un problema".

Come reputa il livello degli arbitri italiani?

"Sono arbitri bravi, adattati alla cultura del calcio italiano che è completamente diversa da quella degli altri paesi. Comunque sono arbitri di qualità, che sbagliano come tutti, ma che forse nelle ultime partite hanno sbagliato un po' di più. Però questo è il calcio e domani è un altro giorno, si dimentica tutto".

Credo che nessuno di noi si sarebbe aspettato qualche mese fa di vedere un Ronaldinho al livello attuale.

"Che Ronaldinho?".

Un po' più felice di giocare e a un livello un po' più simile a quello del Barcellona. Quello visto negli ultimi mesi è il vero Ronaldinho o si è trovato in condizioni particolarmente favorevoli per esprimersi a quel livello?

"Prima di tutto, sono felice che sia così perché lo conosco da tanto, sono suo amico e amico di suo fratello, sorridiamo sempre dopo una vittoria o dopo una sconfitta che sia. Dopo la partita c'è lo stesso rispetto e amicizia tra noi. Sono felice che sia tornato ad esprimersi come sa. Da fuori penso che sia merito del suo lavoro e di quello del suo allenatore, oltre che del momento della sua squadra. Certo che poi, il numero di gol che sta segnando, in una squadra che ha avuto 10 rigori di cui lui ne ha trasformati 7-8, in realtà diventa normale. In ogni caso, lui è un grande giocatore e il calcio ha bisogno di giocatori così, e se il calcio ha recuperato un giocatore così, meglio per tutti".

Che effetto le ha fatto sapere che Mario Balotelli è andato a seguire il Milan in Coppa Italia allo stadio?

"Mi ha fatto piacere, gli ho anche chiesto una relazione della partita... (sorride, ndr). Io non ci sono andato, ci è andato lui, quindi gli ho chiesto la relazione della gara...".

Questa è una gara alla quale l'Inter non arriva al top della condizione. È meglio giocarla in maniera eroica o furba?

"È una gara alla quale l'Inter arriva nel top, nel top della classifica, che è la cosa più importante. Senza dubbio a questa gara l'Inter ci arriva da prima in classifica e senza dubbio uscirà dal campo sempre da prima in classifica. Questa è la cosa più importante, poi le partite si vincono sempre grazie alla fortuna, con furbizia, con organizzazione, con mentalità, con tutto. Ci vuole un cocktail di tante qualità tattiche, intellettuali. Ci vuole davvero un cocktail di tutto questo. Come ho detto prima abbiamo lavorato bene, abbiamo già iniziato le riunioni di lavoro per la preparazione della gara e sono fiducioso, mi sembra che stiamo bene".

venerdì 22 gennaio 2010

Solidarietà Haiti: aiuti Inter e Croce Rossa

Fonte: Inter.it

MILANO - F.C. Internazionale offre il suo sostegno alla Croce Rossa Italiana, comitato di Milano, impegnata in una raccolta fondi a favore delle genti colpite dal tragico terremoto che ha devastato Haiti.

In occasione del derby, una delegazione della Croce Rossa sarà a questo proposito presente in sala Executive allo stadio 'Meazza' in San Siro.

"La situazione è catastrofica - ha dichiarato il Capo della Delegazione della Croce Rossa Internazionale, Riccardo Conti, dal luogo del disastro -. Considerata la portata dei bisogni, le Organizzazioni Umanitarie stanno fronteggiando un impegno spaventoso". Impegno che l'Inter è pronta ad appoggiare, anche con l'aiuto dei suoi tifosi che saranno presenti allo stadio in occasione del match contro il Milan.

domenica 17 gennaio 2010

BARI - INTER 2-2

Bari-Inter 2-2 nel secondo anticipo della 20/a giornata di Serie A. Tutte nella ripresa le reti: doppietta di Barreto e gol di Pandev e Milito.

Gol e spettacolo al San Nicola. E' il Bari ad andare in vantaggio al 59' con Barreto che trasforma un calcio di rigore concesso per fallo di mano di Samuel. Ancora Bari con Lucio che atterra Parisi e secondo calcio di rigore trasformato da Barreto (63'). Quindi la rimonta dell'Inter avviata da Pandev (69'). Milito al 73' fissa su rigore il risultato finale.

giovedì 14 gennaio 2010

SOLIDARIETÀ A BALOTELLI

Articolo di Alessandro Dal Lago
Segnalato da Mimmo Arnaboldi

In quanto tifoso del Milan (ognuno ha i suoi lati deboli...), non sono per niente contento dell'ormai interminabile supremazia dell'Inter nel campionato italiano. E tuttavia vorrei esprimere la mia totale solidarietà a Mario Balotelli, non solo il principale talento emergente del nostro calcio, ma anche un giocatore che mi è straordinariamente simpatico sia per la sua storia, sia per la sua personalità, compresi gli atteggiamenti che gli vengono rimproverati. Si finisce per perdonare tutto a certe star del pallone - provocazioni, risse in campo e fuori, sputi, scorrettezze plateali, esultanze dopo gol segnati con la mano, dichiarazioni a capocchia su temi su cui non sono informati ecc. Ma non si riesce a perdonare a un ragazzo di vent'anni l'esasperazione per ciò che è costretto a subire da alcuni anni da parte di platee di migliaia di persone.
Ora, i benpensanti del circo pallonaro, gli stessi che negano o minimizzano il razzismo negli stadi, gli chiedono di «controllarsi». Ma non scherziamo! Per me, è un miracolo, una straordinaria prova di bravura e forza d'animo, che Balotelli riesca a giocare in queste condizioni. Durante la partita con il Chievo ogni volta che toccava la palla era subissato di fischi. Certo, in altri stadi gli è capitato ben di peggio. Io ritengo però che l'«ambiente calcistico», come si dice, faccia ben poco per proteggerlo, al di là delle multe o della facoltà dell'arbitro di interrompere le partite. E credo anche che l' «ambiente» non sia affatto consapevole di un problema che va molto al di là dell'episodio di domenica. Ciò che subisce in modo esasperato Balotelli, infatti, non è l'avversione «sportiva» per un giocatore di spicco di un'altra squadra, né una reazione alla sua esuberanza, ma è esattamente quanto ha subìto Luciano da parte dei tifosi dell'Inter o sopporta qualsiasi altro calciatore nero dai tifosi della squadra avversaria. È semplicemente razzismo.
Ed è un razzismo amplificato dagli stadi e dalla televisione, ma che rimanda a quanto di arretrato, torbido e fascista c'è in fondo - e neanche troppo in fondo - alla società italiana. Vedere un ragazzo nero primeggiare nello sport nazionale - che schiaffo, che insulto sanguinoso, che orribile frustrazione dev'essere per i fascistelli e i nostalgici che vanno allo stadio per sfogare il loro odio di parte! Tutta gente che attraverso mille rivoli, slogan ripetuti all'infinito e boati comunicativi deve essersi fatta l'idea che questo è il clima corrente e legittimo nel nostro paese. Che questo è il refrain dominante. Qualcuno si è dimenticato dei canti da stadio contro i terroni di un noto esponente leghista?
Da noi, quello che in qualsiasi paese vagamente civile provocherebbe l'indignazione collettiva suscita risolini, reprimende alla vittima e tirate untuose sull'autocontrollo di un ragazzo di vent'anni perennemente sotto i riflettori. Ma se è così, è perché il mondo del calcio, da specchio fedele di una società, ci dice esattamente quello che è diventata l'Italia: un paese in cui chi subisce deve chiedere scusa, in cui le vittime devono tacere e tutti pontificano sulla pelle degli altri.
D'altra parte, per capire che cosa è davvero l'Italia, paese in cui non si dà asilo, in cui si respinge, in cui si affonda nel provincialismo più becero, basterebbe pensare a quanti giocatori di origine straniera giocano in nazionale. Nessuno. Mi piacerebbe davvero vedere Balotelli nella squadra che giocherà in Sudafrica .Ma dubito fortemente che avverrà.

martedì 12 gennaio 2010

I FISCHI RIPETUTI, LA REPLICA E LE POLEMICHE

Fonte: Avvenire - venerdì 8 gennaio 2010 GIORGIO FERRARI
Segnalato da Mimmo Arnaboldi

Un sospetto: a Balotelli si chiede di più perché ha la pelle nera

Il nostro è solo un sospetto. E ci auguriamo di avere torto su tutta la linea. Ma il caso Balotelli ci costringe a rafforzarlo, questo sospetto. Il calciatore – come è noto –, ripetutamente fischiato dagli spalti ( ma diciamo pure a suo modo perseguitato sistematicamente da svariate tifoserie), reagisce con umana stizza e manda al diavolo gli spettatori, la città ospite, lo stadio intero. Lo multano, lo biasimano, la sua stessa società, l’Inter, gli impone di domandare scusa. Lo fa a metà: agli spettatori incolpevoli sì – dice – a chi lo fischia e lo esaspera, no. Ha diciannove anni, Mario Balotelli, un carattere ispido, un’infanzia non propriamente fortunata: figlio di immigrati ghanesi, viene affidato dopo una permanenza di quasi due anni in ospedale a una famiglia bresciana, che lo adotta, gli dà un nome italiano accanto a quello africano, Barwuah, che per il bimbo rimane come un buco nero, la memoria di un qualcosa che non può oggettivamente ricordare. Da due anni ha una carta d’identità italiana, un ruolo di primo piano nel calcio nazionale e un brutto carattere. Sì, un brutto carattere: reagisce, si stizzisce, polemizza, è facile all’ira, è indisponente, ma anche giocatore generoso, pieno di talento, di fantasia, il ritratto di quel campione che Francesco De Gregori tratteggiava in una bellissima canzone di tanti anni fa. Una bella carriera per un bambino semiabbandonato che poteva avere un futuro pieno di mortificazioni e di emarginazione. Invece... Invece, prigioniero della propria irruenza, di quella guasconeria che è propria dei campioni ( alcuni per la verità eccellono per l’esatto opposto: la misura, la generosità, l’umiltà, ma sono pochi, pochissimi, ormai), Mario Balotelli impara a convivere con un rumore di fondo che sembra ritagliato apposto su di lui: quel ' buuu' che è ormai linguaggio internazionale e che le tifoserie riservano a coloro che temono, o che non capiscono fino in fondo, o che non vogliono capire. Ecco, il sospetto nostro sta proprio qui. Che a Balotelli cioè si chieda qualcosa in più, che da lui si pretenda chissà quale liturgia di sottomissione: non basta chiedere scusa, non basta giocare bene, anzi, benissimo, occorre inginocchiarsi, umiliarsi fino in fondo, cosa che ad altre figure e figuranti del calcio non verrebbe mai richiesto. ( Ieri il giudice sportivo lo ha anche multato di settemila euro per aver « rivolto ripetutamente un applauso provocatorio nei confronti del pubblico di Verona al momento di essere sostituito » ) Perché? Facciamo fatica a scriverlo, ma il motivo temiamo sia questo: perché Balotelli è nero. Avete capito bene, stiamo parlando di una zona opaca, una fibra oscura che pure alligna da qualche parte, in qualche zona malsana del tessuto sociale. Non chiamiamolo razzismo, che è parola grossa, impegnativa, che implicherebbe specularmente l’autoriconoscimento di un’identità e di una pretesa purezza che quasi nessuno ormai si sognerebbe di invocare in una società multietnica quale l’Italia – come tanti altri Paesi occidentali – sta diventando. E non chiamiamola nemmeno intolleranza. Diamole invece un appellativo provvisorio ma secondo noi molto vicino al vero: è il retaggio moribondo ma pur sempre venefico di un’ignoranza e di una stupidità antica, che resuscita laddove gli istinti primari – dell’orda, della moltitudine, della competizione, dell’amicus- inimicus- hostis : in altre parole di una società premoderna – vengono rimessi in gioco. Non è un bel vedere. Anzi, vorremmo non doverlo vedere mai più. Con nessun Balotelli al mondo.

martedì 5 gennaio 2010

PALLONE SOLIDALE Gonzalez va in gol per i bimbi di Asunción

Fonte: Avvenire - 2 Gennaio 2010 - pag. 28 scritto da Massimiliano Castellani
Segnalato da Mimmo Arnaboldi


Il cuore grande di Julio Gonzalez lo conoscono be­ne i tifosi del Vicenza che hanno pianto per lui quan­do all’apice della sua carriera di bomber - argento olimpico ad Atene 2004 e già con la valigia pronta per i Mondiali di Germania 2006 - alla vigilia del Natale del 2005 dovette dire addio a tutti i sogni di gloria. In se­guito a un incidente stradale in cui restò miracolosa­mente vivo, gli venne amputato il braccio sinistro. Per i severissimi parametri Uefa voleva dire carriera fi­nita. Una partita chiusa, a soli 25 anni. Ma non si per­se d’animo, sorretto da un fede incrollabile che l’ave­va sostenuto nei giorni bui della sala di rianimazione insieme alla compagna di una vita, la moglie Maria Lourdes e ai suoi piccoli, Maria Paz e Fabrizio, ha ripreso la strada di casa, il Paraguay. Con il coraggio del guer­riero d’area di rigore che non si arrende mai è riu­scito anche a tornare in campo, giocando insieme al fratello Sergio, che fa il terzino, nella squadra che lo aveva lanciato, il Ta­cuary.


Poi la decisione di appendere le scarpe al chiodo. Ma la sua second life è tutt’altro che virtua­le: ora gioca al servizio dei bambini poveri e degli or­fani di Asunción. Nessu­na meraviglia per chi co­nosce l’uomo Gonzalez, appartenente a quella razza protetta di calciatori che quando erano al top nelle in­terviste ammoniva: «Si dà troppa importanza all’este­riorità, alle belle macchine e ai vestiti di lusso. Il miglior abito io penso che sia l’anima di un uomo». E quell’a­nima candida ora ha deciso di sfidare la miseria che do­mina in molti dei quartieri della capitale paraguayana. «Sono migliaia e aumentano ogni giorno di più quei bimbi che girano scalzi per le strade della città, vestiti al massimo con una canottiera logora e un paio di cal­zoncini. Ora qui è estate, ci sono quasi 40 gradi tutti i giorni e fa male al cuore vederli con i piedi bruciati dal­l’asfalto che vagano smarriti, senza un posto dove an­dare né un riparo dai tanti pericoli...».


Sono i bambini della favela di Cateura, la D iscarica dove ogni giorno vengono ammassate montagne di rifiuti in questa me­tropoli dimenticata del Sudamerica, popolata da oltre 2 milioni di persone. Come topi, bande di ragazzini scalano vette di im­mondizia alla ricerca di un rottame da rivendere al mercato nero o un pasto quotidiano per sé e per la pro­pria famiglia. «Sono immagini che non possono la­sciare indifferenti, specie a uno come me che ha avu­to la fortuna di nascere a un chilometro da questo “in­ferno”. Lì sono cresciuti due miei ex compagni di squa­dra del Tacuary che mi hanno raccontato la loro in­fanzia di bambini abbandonati in cui erano costretti a fare qualsiasi cosa per sopravvivere...». Bimbi che vi­vono in condizioni igieniche al limite. «Ho incontrato creature che non fanno una doccia da mesi, i capelli impastati dallo sporcizia con i vestiti ridotti a brandel­li. Sono piccoli angeli che rischiano di finire nelle ma­ni di aguzzini diabolici che li costringono a spacciare droga o a prostituirsi». Così, per evitargli un finale di partita drammatico l’ex bomber ha deciso di fare squa­dra con due associazioni che operano ad Asunción: l’ “Aldea Sos” (associazione internazionale presente in 120 Paesi) e la “Scuola Calcio Siembra” che si trova pro­prio nel cuore di Cateura.


Un piano di salvataggio so­ciale e di rieducazione nel quale è entrato anche l’In- ter Campus che puntando sulla presenza di Gonzalez ha aderito al progetto che al momento si occupa di 250 ragazzi tra gli 8 e i 14 anni. «L’Inter ci fornisce tutto il materiale sportivo (maglie, scarpe, tute, palloni) noi ai ragazzi chiediamo prima di tutto di tornare sui banchi di scuola. Altrimenti: niente partite al pomeriggio. Il calcio lo utilizziamo come motivazione per strapparli dalla strada e reinserirli in un contesto sano in cui al­la base ci deve essere un corso regolare di studi che gli garantisca poi l’ingresso nel mondo del lavoro». Pane, libri e pallone. È il tridente motivazionale per combat­tere l’ignoranza, riprendersi in mano la propria vita e inseguire una sfera di cuoio che è il sogno di un futu­ro meno duro. «Vorrei fare di più, portare altre centinaia di quei bim­bi nei nostri centri, ma non è facile... Quello che pos­so fare ora è andare al campo tre volte alla settimana per allenarli. Loro si divertono e mi ascoltano perché sanno che sono stato un professionista che ce l’ha fat­ta a sfondare, ma senza mai tralasciare l’istruzione. Non mi costa nulla spendere un po’ del mio tempo per questi ragazzi, anzi è qualcosa che mi arricchisce co­me uomo e come papà di due bambini che hanno la loro stessa età».