mercoledì 31 ottobre 2007

La lezione di Giacinto: giocare per vincere, ma con fair play

Pubblico un articolo scritto da Alice Corti recuperato dal sito lasestina.com
Mauro
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Un maestro di fair play. Dentro e fuori il campo da calcio. Giacinto Facchetti, classe 1942, era così. Per questo motivo, tra i tanti soprannomi che erano stati dati al terzino di fascia sinistra dell’Inter di Herrera c’era anche quello di “Gigante buono”.

Era alto, il “Facco”. E possente. Ed era anche un difensore. Però la sua carriera calcistica, a differenza di quella di molti altri colleghi, è stata segnata da una sola espulsione. Per proteste. Giacinto era uno che combatteva con educazione. Oggi, a sette mesi dalla scomparsa (il 4 settembre 2006, per un tumore), dopo essere stato bandiera dei nerazzurri dal 1961 al 1978 e poi anche presidente della stessa società di via Durini dal 2004 al 2006, tutti lo ricordano ancora come un campione gentiluomo. La sua figura è simbolo di quell’educazione che oggi si fatica a trovare sui campi da gioco.

Per discutere di etica sportiva nel ricordo di Facchetti, l’Inter Club Kayunga ha organizzato ieri sera al cinema Gloria di Rebbio – Como una serata dal titolo “Un calcio senza etica è un calcio allo sport”. Sono intervenuti il figlio Gianfelice Facchetti, Sandro Mazzola, Bedi Moratti, don Leonardo Butti (cappellano dell’Inter di Herrera), Francesco Corrado (presidente della pallacanestro Cantù ed ex curatore fallimentare del Calcio Como) e Italo Nessi (medico e presidente del club Kayunga). Moderatore, il cronista sportivo della Rai Marco Civoli.

L’assenza di etica, purtroppo, in questo momento si ritrova sia tra i professionisti di quotate formazioni, sia tra i ragazzini che si avvicinano allo sport. Francesco Corrado e don Leonardo Butti, infatti, hanno raccontato come l’istigazione all’antisportività influisca negativamente sulla formazione dei giovani: «è capitato spesso di vedere allenatori che non danno fiducia ai ragazzi» hanno detto, «e di assistere a genitori che criticano i figli, pretendendo da loro sempre il massimo senza pensare all’importanza dell’impegno e della correttezza. ma in questo modo i giovani non reagiscono sportivamente, e si avvicinano anche loro alla violenza». Secondo Sandro Mazzola si è «usciti da una generazione che ha insegnato molte cose». E’ necessaria, quindi, «una base da dove partire per ritornare a un gioco pulito. Una base seria ed etica da offrire ai più piccoli, alla generazione che verrà. Partendo da famiglia, scuola e società sportive».Il calcio, inoltre, può essere interpretato come metafora di tutti i giorni. «Non si può eliminarlo dalla vita quotidiana: sul campo non si ha tempo per pensare, si agisce come si è», ha aggiunto Mazzola. E’ stata questa l’opinione di tutti i presenti, che hanno concordato sull’importanza di un profilo etico per la crescita – sportiva e umana — dei giovani.

Il ricordo va ancora a Giacinto Facchetti, un uomo che voleva vincere senza lasciarsi tentare dall’antisportività.

Sono sue queste parole: «Ho sempre giocato per vincere. Anche da ragazzo, quando si giocava per strada, si giocava per vincere. Non ho mai capito come si possa giocare e non cercare di vincere. Se non ci riesci, va bene, l’importante è sapere che hai fatto tutto il possibile».

Immagini da elmundo.es, futbol.dk e biografie.leonardo.it

lunedì 29 ottobre 2007

Da Mimmo

Care e cari,
il 31 ottobre chiuderemo la campagna di iscrizioni all'Inter club Kayunga.
Ad oggi, il nostro gruppo ha raccolto 91 iscrizioni.
Sarebbe bello arrivare a 100, magari coinvolgendo qualche vecchio socio.
Che ne dite?
Forza Inter!
Mimmo Arnaboldi

domenica 28 ottobre 2007

Da Italo

Cari tutti,
Giovanni, causa impegni vari, non riesce ad andare allo stadio mercoledì 31 (Inter-Genoa ore 20.30).
Chiunque volesse andare me lo faccia sapere al più presto.
Nei prossimi gg vi manderò un aggiornamento riguardo Inter Campus. Con Ernesto (che ringrazio molto) abbiamo incontrato il responsabile delle iniziative.
Ci possono essere sviluppi interessanti.
Ciao.
Italo

sabato 27 ottobre 2007

Tifoseria da vergogna!!

Pubblico questo articolo apparso sul blog blogosfere
ciao Mauro
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Abbiamo taciuto e abbiamo sperato. Avevamo un cattivo pensiero, ma anche una bella speranza. Alla fine ha vinto il cattivo pensiero. Nonostante gli striscioni beceri esposti dai tifosi dell'Inter durante il match con il Napoli il campo di San Siro non è stato squalificato. Pur di non chiudere lo stadio il Giudice Sportivo si è "inventato" la chiusura della Curva Nord. Infatti il settore "caldo" del secondo anello dovrà restare chiuso nel prossimo match casalingo (31 ottobre Inter-Genoa). Inoltre è stata decisa una ammenda di 30.000 euro.

Siamo senza parole. Ci dicono che il razzismo va combattuto, che la violenza deve sparire dagli stadi e loro si inventano le squalifiche a settori. Ci dica Signor Giudice Sportivo, dove si piazzeranno i tifosi che solitamente vanno in Curva? Lei pensa che resteranno fuori dallo stadio?

Hanno chiuso il San Paolo di Napoli dopo i brutti episodi nel corso del match con il Livorno, dovevano fare lo stesso con San Siro. Nessuno ci dica che a Napoli era stato colpito un guardalinee con una bottiglia. Non cambia nulla. Gli striscioni esposti dai tifosi nerazzurri hanno dimostrato che molte cose non sono cambiate. Serviva il pugno duro. Il campo andava squalificato. Altrimenti nessuno imparerà mai. Altrimenti dovremo continuare a bloccare le trasferte dei tifosi. Dovremo continuare ad evitare match "a rischio" in notturna.

Il numero uno dell'Inter, Massimo Moratti, ha deciso di piazzare la ciliegina sulla torta affermando: "Non faccio nessun commento perchè non pensavo a questa possibilità. Mi sembra comunque una notevole severità ma se questa è la linea bisognerà fare molta attenzione". Attenzione? A cosa? Non c'è nessun bisogno di fare attenzione. Se uno espone uno striscione razzista si può sempre squalificare il suo posto. Ma solo il suo mi raccomando. Questo è San Siro, non il San Paolo...


giovedì 25 ottobre 2007

Nasce l'Inter Club Kayunga: in Africa tra medici, tifo, solidarietà e speranze

Riporto dal sito sportcomo.com un articolo sul nostro club.
Ciao ciao
Mauro
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In Uganda è nato quest'estate il primo Inter Club africano, che può contare già sui diversi iscritti comaschi. Ecco le parole scritte dal presidente del Kayunga, un medico. Parole che riportano tutti con i piedi per terra. E soprattutto che dovrebbero far capire a tutti quello che può rappresentare lo sport se capito nei suoi valori più veri. Parole che parlano di speranza, e passione, anche nella sfortuna di situazioni, per noi, dell'altro mondo. Perché lo sport può essere anche una "medicina" per i mali del mondo: "Come ripetiamo spesso ai nostri pazienti africani la speranza c’é sempre e va cercata. Anche se poveri possono camminare a testa alta". Parola di medico.

"E’ con immenso piacere che annunciamo la nascita dell’Inter Club Kayunga. In data 17 giugno 2003, con atto notarile presso l’Ambasciata d’ Italia in Kampala (Uganda), è stato costituto il nostro Inter Club. Siamo particolarmente orgogliosi anche perché questo é il primo Inter Club africano della storia dell’Internazionale Fc. L’iniziativa é nata da un gruppo di medici dell’Associazione non governativa Cuamm–Medici con l’Africa che lavorano volontariamente in Uganda nel settore della cooperazione sanitaria. Casualmente alcuni dei medici ora in Uganda hanno scoperto di essere tifosi della stessa squadra, l’Inter, appunto, ed hanno deciso di costituire il club. L’associazione Cuamm–Medici con l’Africa é presente in Uganda dal 1959, centinaia di medici e tecnici hanno lavorato come volontari e cooperanti in numerosi progetti sanitari a favore della popolazione ugandese martoriata da anni di guerra civile e da importanti malattie, non da ultimo l’AIDS. Abbiamo scoperto che, grazie alla globalizzazione, sono molti gli ugandesi che seguono i campionati calcistici europei in televisione. Tra questi un rilevante numero si appassiona al calcio italiano. Non é stato difficile trovare persone che tifano per l’Inter Milan, ovvero per l’Inter di Milano. A noi fa un certo effetto vedere associato il nome Inter al nome Milan, perché subito ci ricorda, purtroppo, l’esistenza dei "cugini" rivali milanisti. Alcune delle partite del campionato italiano vengono trasmesse, oltre che da Rai International, dalla televisione satellitare sudafricana. Dallo scorso anno la UTV, televisione nazionale ugandese trasmette quarti, semifinali e finali della Champion's League europea. E' così che, purtroppo, abbiamo potuto assistere in diretta all’eliminazione dell’Inter da parte dei cugini rossoneri. Come si può facilmente immaginare, date le precarie condizioni di vita, sono poche le famiglie che possono permettersi una televisione e tanto meno una parabola. Alcuni commercianti, sentendo profumo di affari hanno provveduto a dotare qualche bar, anche in zone remote, di una televisione e di impianto satellitare. La gente si raduna in questi locali pubblici, ove per la modica cifra equivalente a 25 centesimi di Euro, può guardare le partite. Accade quanto succedeva in Italia agli inizi degli anni sessanta, ai primordi dell’era televisiva. Vi lascio immaginare l’ambiente surriscaldato che vi si crea ed i commenti e le scene di esultanza o di rammarico. L’ Inter Club Kayunga prende il nome dall’omonimo distretto (l’Uganda e’ suddivisa amministrativamente in distretti, equivalenti grosso modo alle nostre regioni) che dista una settantina di chilometri da Kampala, la capitale. E’ uno dei distretti ove lavora chi vi scrive. Distretto che deve affrontare notevoli problemi sia dal punto di vista sanitario che sociale. Kayunga in lingua Luganda, che è la lingua locale del distretto, significa unire, mettere insieme. E’ per questo che abbiamo scelto questo nome: è quello che vorremmo fare, unire culture e genti diverse tramite il calcio. Abbiamo scelto come sede ufficiale del nostro club l’ufficio di coordinamento del Cuamm–Medici con l’Africa di Kampala. Questo perché il Coordinatore nazionale del Cuamm – Medici con l’Africa ci permette di usufruire gratuitamente dell’impianto di segreteria già operativo da anni. Inoltre l’amministratore del Cuamm–Medici con l’Africa, Tito Dal Lago, e’ da sempre un accanito tifoso interista ed ora anche segretario del nostro Inter Club.
Gli obiettivi dell’Inter Club Kayunga si possono sintetizzare nei seguenti:
- Tifare per la nostra squadra del cuore e promuoverne l’immagine in Uganda e in Italia
- Solidarizzare con la popolazione ugandese, promuovendo i valori sportivi impegno, lealtà, dedizione, troppo spesso dimenticati o lasciati in disparte
- Promuovere anche in ambito calcistico, considerato il crescente numero di calciatori africani del campionato italiano, una cultura di solidarietà tra i popoli
- Promuovere l’attività sportiva tra i giovani ugandesi anche come mezzo di crescita personale, sociale e culturale
A qualcuno potrà apparire strano che medici già oberati di impegni si dedichino anche all’Inter Club. Ma la fede calcistica é come una pelle che ci si porta addosso e nel cuore sin dall’infanzia, é una delle poche cose che nella vita non si abbandonano mai. Ascoltare alla radio il calcio minuto per minuto oppure riuscire a vedere qualche partita in televisione ci riporta immediatamente in Italia e ci fa sentire parte delle comunità che abbiamo lasciato. E’ fonte di rilassamento e di svago. Ci aiuta a non farci sommergere dai pressanti problemi che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni nell’esercizio della nostra attività professionale. Come potete facilmente immaginare la realtà sanitaria e sociale, non é comparabile a quella italiana. I problemi portati dalla povertà sono enormi e difficili da affrontare. Negli ultimi anni la storia dell’Inter é stata travagliata. Nonostante l’impegno profuso dal nostro presidente e dalla società, non abbiamo ancora potuto assaporare la gioia di un successo pieno. Ciò non deve essere né motivo di vergogna rispetto ad altre tifoserie né motivo di avvilimento. Come ripetiamo spesso ai nostri pazienti africani la speranza c’é sempre e va cercata. Anche se poveri possono camminare a testa alta. Da interisti anche se a volte sconfitti dobbiamo camminare a testa alta, perché comunque noi siamo l’Inter e lo saremo sempre e comunque. Per altro crediamo che quest’anno ci porterà tante soddisfazioni calcistiche, siamo fiduciosi di potere finalmente gioire per il raggiungimento di meritati traguardi.
Concludo queste righe ringraziando di cuore tutti coloro che in Italia ed in Uganda si sono impegnati per la costituzione dell’Inter Club Kayunga, in modo particolare Antonio Pisino, coordinatore degli Inter Clubs extra italiani ed Bruno Venturini, nostro tesoriere e segretario per l’Italia.
Forza Inter, sempre, dovunque e comunque!!!
Dr. Italo Nessi
Presidente Inter Club Kayunga"

mercoledì 24 ottobre 2007

Colpaccio Inter a Mosca - Adesso è prima nel girone

Riporto un articolo apparso su sul sito www.gazzetta.it
Mauro
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In casa del Cska rimonta dei nerazzurri dopo l'1-0 di Jo. Crespo trova il pareggio a inizio ripresa, poi il portiere Mandrykin regala a Samuel il 2-1. Infortunio per Vieira

MOSCA, 23 ottobre 2007 - L'Inter vince a Mosca e sale al primo posto del girone grazie al pari di Psv-Fenerbahce. Non è stata una partita semplice per i nerazzurri, sotto di un gol dopo 32 minuti (a segno il brasiliano Jo), e rimessi in sesto da Crespo e Samuel. Determinanti due errori della difesa del Cska e del portiere Mandrykin.
SEGNALI - La serata si complica subito. Un problema al polpaccio (sospetto stiramento al gemello mediale) mette fuori causa Vieira dopo un quarto d'ora. Il ritmo imposto dalla squadra di Gazzaev fa il resto. Krasic a destra diventa presto un problema, ed è da lui che parte l'azione del gol, chiusa dal numero di Jo (girata e tocco morbido sotto la traversa al 32'). I pochi lampi d'attacco arrivano da Figo (100 presenze in Champions), che quando ci prova salta sempre l'uomo, ma se si tratta di concretizzare Crespo e Ibrahimovic non trovano spiragli. Il portoghese, prezioso in attacco, cede troppo campo in fase difensiva, tant'è che una sua leggerezza provoca la seconda azione da gol del Cska, sprecata da Dudu.
SVOLTA - Nel secondo tempo l'Inter torna in corsa con un po' di fortuna (Crespo insacca dopo un'ingenuità di Krasic), uscendo indenne dagli attacchi laterali di Zhirkov e dalle giocate di Carvalho, bravo ad attirare su di se due difensori liberando l'uomo. Nel momento in cui il Cska sembra in grado di riproporre il suo buon avvio di partita, Samuel regala il successo ai nerazzurri sfruttando un clamoroso errore del portiere Mandrykin, disorientato da un rimpallo maldestro sul colpo di testa centrale del difensore argentino. E' il sigillo, un po' casuale nelle modalità ma meritato, sul ritorno dei nerazzurri in testa al girone dopo la sbandata di Istanbul.
Antonino Morici

martedì 16 ottobre 2007

Chiapas e Inter

A: Massimo Moratti, Presidente della F.C. Internazionale di Milano Milano, Italia

Dal Subcomandante Insurgente Marcos
EZLN. Chiapas, Messico

Signor Massimo:

Ci è giunta la lettera con la quale ci comunica che la sua squadra di calcio, la F.C. Internazionale, ha accettato la sfida fraterna che abbiamo lanciato. Ringraziamo per il tono cortese della sua risposta e l'onesta disponibilità. Attraverso i mezzi di comunicazione, siamo venuti a conoscenza delle dichiarazioni di dirigenti, settore tecnico e giocatori dell'Inter. Tutte sono un'ulteriore dimostrazione della nobiltà dei vostri cuori. Sappia che siamo lieti di avervi incontrato sul nostro ormai lungo cammino e che è un onore per noi essere una parte del ponte che unisce due terre degne: Italia e Messico.

Le comunico che oltre a portavoce dell'EZLN, sono stato designato all'unanimità Direttore Tecnico e addetto alle Relazioni Intergalattiche del campionato zapatista di calcio (beh, in realtà nessuno voleva accettare l'incarico). In questo ruolo, forse dovrei approfittare di questa lettera per cominciare a concretizzazione i dettagli dell'incontro.

Per esempio, le potrei proporre di non limitare ad una sola partita l'incontro calcistico, ma a due. Una in Messico ed un'altra in Italia. Cioè, una di andata ed una di ritorno. E che in entrambe si disputi il trofeo noto in tutto il mondo come "El Pozol de Barro".

E potrei proporre che la partita in Messico si giocasse, con voi come ospiti, nello Stadio Olimpico Messico 68, nella Città Universitaria, nel DF, e che il ricavato della vendita dei biglietti sia destinato agli indigeni sfollati dai paramilitari ne Los Altos del Chiapas. Ovviamente, allora io dovrei mandare una lettera alla comunità universitaria dell’UNAM (cioè a studenti, insegnanti, ricercatori, ausiliari e impiegati) per chiedere loro di prestarci lo stadio, non senza prima promettere loro solennemente che non gli chiederemo di restare in silenzio... per poi imporgli la parola di Don Porfirio.

E forse potremmo concordare, visto che voi vi trovereste già in Messico, di fare un'altra partita a Guadalajara, Jalisco, e che il ricavato della vendita dei biglietti sia destinato al sostegno legale dei giovani altermondisti ingiustamente reclusi nelle prigioni di quella provincia messicana, ed ai prigionieri politici incarcerati in tutto il paese. Il trasporto non sarebbe un problema perché ho letto che qualcuno qui in Messico, molto generoso, ha offerto il suo appoggio.

E forse, se lei è d'accordo, per le partite in Messico, l'EZLN potrebbe rivolgersi, a momento debito, a Diego Armando Maradona, per chiedergli di essere l'arbitro principale; a Javier El Vasco Aguirre ed a Jorge Valdano, per chiedere loro di fungere da aiuto aribitro (o guardalinee); ed a Socrates, ex centrocampista del Brasile, per fare da 4° arbitro; e potremmo invitare qui due intergalattici che viaggiano con passaporto uruguaiano: Eduardo Galeano e Mario Benedetti per fare la telecronaca della partita per il Sistema Zapatista di Televisione Intergalattica ("l'unica televisione che si legge"). In Italia i commentatori potrebbero essere Gianni Minà e Pierluigi Sullo.

E, forse, per dissociarci dalla mercificazione della donna che si esprime nelle partite di calcio attraverso le ragazze che incitano le squadre in campo o negli spot pubblicitari, l'EZLN potrebbe chiedere alla comunità lesbico-gay nazionale, in particolare a travestiti e transessuali, di organizzarsi per dilettare il rispettabile pubblico con innovative piroette durante le partite in Messico il che, oltre a provocare la censura della TV, lo scandalo dell'ultradestra e lo sconcerto nelle file dell'inter, solleverebbe così il morale ed il coraggio della nostra squadra. Perchè non ci sono solamente due sessi e non esiste un unico mondo, ed è sempre opportuno che i perseguitati per la loro differenza condividano allegria e solidarietà senza per questo smettere di essere diversi.

E già che ci siamo, potremmo giocare un'altra partita a Los Angeles, in California, Stati Uniti. Il cui governatore (che sostituisce la mancanza di neuroni con gli steroidi) porta avanti una politica criminale contro gli immigrati latini. L'incasso di quel incontro sarebbe devoluto per l'assistenza legale dei clandestini negli USA e per imprigionare i malviventi del "Minuteman Project". Inoltre, il "dream team" zapatista porterebbe un grande striscione sul quale si leggerebbe "Libertà per Mumia Abu Jamal e Leonard Peltier".

È probabile che il Bush non permetta che i nostri modelli di passamontagna stagione primavera-estate furoreggino ad Hollywood, cosicché l'incontro potrebbe essere trasferito sul degno suolo cubano, di fronte alla base militare che, illegalmente ed illegittimamente, il governo degli Stati Uniti mantiene a Guantánamo. In questo caso, ogni delegazione (quella dell'Inter e quella dell'Ezeta) si impegnerebbe a portare almeno un chilo di generi alimentari o medicine, per ognuno dei suoi componenti, come segno di protesta contro il blocco imposto al popolo di Cuba.

E forse vorrei anche proporle che le partite di ritorno si giochino in Italia, con voi come padroni di casa (e noi pure, perché è noto che il tifo italiano è in maggioranza filozapatista). Una potrebbe essere a Milano, nel suo stadio, e l'altra dove deciderete voi (potrebbe essere a Roma, per quel detto che dice "tutte le partite portano a Roma"... o è "tutte le strade portano a Roma"?... in fin dei conti, è uguale). Uno degli incassi potrebbe essere destinato per aiutare gli immigrati di differenti nazionalità che sono criminalizzati dai governi dell'Unione Europea e l'altro per quello che voi deciderete. Ma, questo sì, noi avremmo bisogno di almeno un giorno per andare a Genova a dipingere "caracolitos" sulla statua di Cristoforo Colombo (nota: la probabile multa per danni a monumenti dovrà essere coperta dall'Inter) e per deporre dei fiori nel luogo in cui cadde il giovane altermondista Carlo Giuliani (nota: i fiori andranno sul nostro conto).

E, visto che siamo già in Europa, potremmo giocare una partita in Euzkal Herria nei Paesi Baschi. Se non si è potuto far con l'iniziativa "Un'opportunità alla Parola", tenteremo dunque con l'iniziativa "Un'opportunità al Calcio". Noi potremmo manifestare di fronte alla casa madre dei razzisti del BBVA-Bancomer che stanno cercando di criminalizzare l'aiuto umanitario alle comunità indigene (forse per distrarre dai processi in corso per "evasione fiscale, conti occulti, fondi pensione illegali, riciclaggio di denaro sporco, finanziamenti segreti a campagne politiche, corruzioni per l'acquisto di banche in America Latina ed appropriazione indebita di beni" (Carlos Fernández-Vega. "México S.A. A." - La Jornada 25/V/05).

Mmh.... Sembra che potrebbero essere 7 partite (il che non è male, perché così ci disputeremmo l'audience con la Coppa Europa, i Libertadores e le eliminatorie per il Mondiale). "El Pozol de Barro" verrebbe assegnato, dunque, a chi vince 4 delle 7 partite (nota: se la squadra zapatista perde più di 3 incontri, il torneo sarà annullato).

È troppo? Beh, signor Massimo, lei ha ragione, forse è meglio lasciare 2 partite (una in Messico ed un'altra in Italia) perché non vogliamo macchiare il curriculum dell'Inter con le sconfitte che sicuramente vi infliggeremo.

Per equilibrare un poco il vostro evidente svantaggio, vi passeremo alcune informazioni segrete. Per esempio, che la nazionale zapatista è mista (cioè, ci sono uomini e donne), che giochiamo con stivali da "miniera" (ovvero, hanno la punta d'acciaio, per questo i palloni si bucano), che, secondo i nostri usi e costumi, la partita finisce solo quando non rimane in piedi più nessuno dei giocatori delle due squadre (cioè, hanno una capacità di resistenza molto alta), che l'EZLN potrebbe rafforzarsi a discrezione (cioè, i messicani "Bofo" Bautista e Maribel "Marigol" Domínguez potrebbero apparire sul campo... se accetteranno di farlo), e che abbiamo disegnato una divisa camaleontica (se staremo perdendo sulla nostra maglietta appariranno righe nere e azzurre per confondere il rivale, l'arbitro... ed il pubblico). Stiamo pure discutendo con relativo successo, di due nuovi schemi di gioco: la "marquiña avanti fortiori" (nota: tradotto in termini gastronomici sarebbe qualcosa come un panino di pizza e guacamole) e la "marquiña caracoliña con variante inversa" (nota: l'equivalente di spaghetti con fagioli, ma rancidi).

Con tutto questo (ed alcune altre sorprese) forse potremmo rivoluzionare il calcio mondiale ed allora, forse, il calcio smetterebbe di essere solo un affare e sarebbe, di nuovo, un gioco divertente. Un gioco fatto, come lei ben dice, di sentimenti veri.

Forse... Tuttavia, la presente è solo per ribadire a lei ed alla sua famiglia, a tutti gli uomini e donne vicini all'Inter ed al tifo nerazzurro, l’affetto, la gratitudine e l’ammirazione che noi proviamo (benché l'avverto che davanti alla porta non ci sarà pietà né misericordia). Per quanto riguarda il resto, beh... forse... ma...

Bene, Salute e che presto si possano incontrare sui due terreni i verdi-bianco-rossi che vestono le nostre dignità.

Dalle montagne del Sudest Messicano
Subcomandante Insurgente Marcos (D. T. Z.)

(che disegna gli schemi di gioco sulla lavagna e discute con Durito il quale insiste che invece del tradizionale 4-2-4, noi presentiamo il 1-1-1-1-1-1-1-1-1-1-1 che, secondo lui, è sconcertante).
Messico, Maggio 2005

P.S. PER LA FEDERAZIONE MESSICANA DI CALCIO, IL REAL MADRID, IL BAYERN DI MONACO, IL OSASUNA, L'AJAX, IL LIVERPOOL E LA SQUADRA DELLA FERRAMENTA GONZÁLEZ.- Mi dispiace, ho un contratto esclusivo con l'Ezetaelene.

P.S. CON TONO E VOLUME DA CRONISTA SPORTIVO - Il Sup, che usa la tattica dell'uruguayano Obdulio Varala nella finale contro il Brasile (Mondiale di Calcio, Stadio Maracaná, Río de Janeiro, 16/VII/1950), con la palla in mano ha camminato come al rallentatore (a partire dal maggio del 2001) dalla porta zapatista. Dopo aver reclamato all'arbitro l'illegittimità del goal ricevuto, mette la sfera al centro del campo. Si volta a guardare i suoi compagni e si scambiano sguardi e silenzi. Con i pronostici, le scommesse ed il sistema intero contro, NESSUNO spera negli zapatisti. Incomincia a piovere. Ad un orologio sono quasi le 6. Tutto sembra essere pronto perché l'incontro riprenda...


(traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

sabato 13 ottobre 2007

Una squadra senza stranieri

Da sempre accusata di esterofilia, la Beneamata ha vinto lo scudetto con un solo italiano in campo: Materazzi. Dal motto «fratelli del mondo» all'Inter Campus di Teheran, storia di un club in cui vige una sola lingua, quella del calcio

Una delle principali critiche rivolte all'Inter dopo la vittoria del 15esimo scudetto è la nota esterofilia della rosa nerazzurra: su 26 giocatori in organico gli italiani sono solamente cinque (due portieri e tre difensori), mentre otto sono argentini, quattro brasiliani, tre sudamericani, sei europei non italiani. Se si considera che i due portieri (Toldo e Orlandoni) non hanno quasi mai giocato, e che Andreolli e Grosso, per differenti motivi, hanno dato un contributo piuttosto discontinuo, l'unico protagonista italiano della vittoria nerazzurra è Materazzi, il riabilitato di Berlino, uno che fino a luglio 2006 era considerato un mezzo psicopatico, uno dal quale stare alla larga. Sorvoliamo.
Sorvoliamo anche sul razzismo dell'accusa, speciosa e anacronistica in epoca di globalizzazione, e concentriamoci sulla sua motivazione: i critici difensori dell'amor patrio-calcistico sostengono che la Beneamata sarebbe anti-italiana, vuoi perché affetta da buonismo (sinonimo, chissà perché, di dabbenaggine), vuoi perché un naturale snobismo la porterebbe ad amare i talenti stranieri più di quelli italiani, con il risultato di distruggere i nostri vivai. In altre parole, l'Inter calpesterebbe la tradizione. Quale? Certamente non quella dell'Inter. Vediamo il perché.
La tradizione, la genesi e la weltanschauung dei nerazzurri si fonda su una dichiarata apertura internazionale al mondo. Sin dalla sua nascita, avvenuta a causa di un dissidio sorto in seno alla dirigenza del Milan quasi cento anni fa tra chi voleva una diminuzioni del numero di tesserati stranieri e chi invece voleva un'ulteriore apertura. In quella cospirazione, il 9 marzo 1908 al ristorante «L'Orologio» di Milano, il poeta pittore Muggiani, oltre a disegnare per sempre lo stemma - due cerchi, uno nero e uno azzurro, che su uno sfondo oro contengono le iniziali del club (

F.C.I.M.) - scrisse un motto che nel corso degli anni avrebbe attraversato alterne fortune (di grande attualità nel 1908, eretico dopo la marcia su Roma, addirittura illegale con le Carte di Viareggio introdotte nel 1929): «Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l'azzurro sullo sfondo d'oro delle stelle. Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del mondo».
«I fratelli del mondo» avevano un solo compito: mantenere alta la tradizione. Non quella italiana, che da lì a poco ci avrebbe condotto alla guerra, ma quella dei padri fondatori che la vollero così, superba e internazionale. E così fecero sempre. Anche quando incapparono in polemiche e squalifiche, anche quando, attraversando epoche di ottusa chiusura mentale, furono costretti a cambiar nome pur di sopravvivere, rimasero sempre convinti, come ancora oggi risponde Massimo Moratti a chiunque glielo chieda, che per un (vero) interista «non è straniero neanche un marziano ». Figuriamoci un oriundo.
Si pensi al primo scudetto vinto dai nerazzurri. È il 24 aprile 1910. L'Inter, arrivata prima nel girone eliminatorio insieme alla Pro Vercelli, deve disputare uno spareggio a casa della Pro, che vanta un miglior «gol-average» (così allora chiamavano la differenza reti): proprio quel giorno, però, ci sono i giochi militari e i bianchi vercellesi non possono schierare il meglio della rosa. L'Inter, invece, che è infarcita di stranieri (nove su undici, compreso l'italo-svizzero Aebi) si presenta con la formazione migliore. Per protesta la Pro Vercelli mette in campo la quarta squadra. Si dice che il capitano vercellese, insieme al gagliardetto, consegni all'omologo nerazzurro Virgilio Fossati anche un gessetto: «così potrete segnare sul muro tutti i goal che ci farete ». La partita finisce 9-3, 10-3 o 11-3, non si sa. Virginio Fossati, che non è andato ai giochimilitari, morirà durante la prima guerra mondiale insieme ad altri 23 tesserati nerazzurri: i quali improvvisamente non erano più degli stranieri, non erano più degli italiani, non erano più niente: nel frattempo erano diventati soldati.


Si pensi alle polemiche e squalifiche cui è andata incontro a causa dei numerosi oriundi. Come Alvaro Recoba: il suo passaporto falsificato costò una pesante squalifica, accuse di slealtà sportiva, giustificò i detrattori della supposta onestà dei nerazzurri. Prima di lui, lo stesso Aebi, chiamato «la signorina dell'Inter» per i suoi modi «eleganti », di nazionalità elvetica, dichiarò di avere madre e padre italiani (anche se non era vero) per diventare il primo oriundo dell'Inter. Ugualmente Peterly - Peterli per i giornali italiani - giocò nella Nazionale svizzera una partita contro l'Italia per poi essere tesserato il giorno dopo dall'Inter, grazie a pressioni al limite del lecito. Si pensi a Vonlanthen, all'apolide Nyers o ad Angelillo, la cara sucia adottata dalla famiglia Moratti . E in epoca più recente, si pensi all'affetto per Kanu, alla Ronaldo-mania, etc.
Si pensi infine alla grande avventura degli Inter Campus, con i quali la Beneamata ha incominciato una specie di colonizzazione globale: piccole enclave in cui vige una sola lingua, quella del calcio, una sola bandiera, quella della pace, e dove a bambini in difficoltà viene trasmesso un messaggio di gioia attraverso il gioco. Avviati dapprima in Italia attraverso le scuole calcio, i Campus, grazie a una felice intuizione di Massimo Moretti (general manager quasi omonimo del presidenteMoratti), sono stati esportati una prima volta a Sant'Andres di Rio de Janeiro, in Brasile: «Tutto avvenne per caso - ci racconta Massimo Seregni, responsabile degli Inter Campus - Moretti aveva adottato una famiglia brasiliana in un paese a forte dispersione scolastica. Vicino c'era un campo da calcio. Venne l'idea di dire ai bambini: se la mattina andate a scuola, il pomeriggio potete allenarvi con la maglia ufficiale dell'Inter». Era il 1996. L'idea piacque. Si decise di estendere il progetto ad altri stati, con uguali o differenti problemi: Bosnia, Kossovo, Albania, Bulgaria, Marocco, Cuba. Dopo dieci anni sono 20 le nazioni coinvolte, per 20000 bambini tra gli otto e i tredici anni.


A volte l'Inter Campus è stato reso possibile grazie all'intervento di qualche giocatore, come Ivan Cordoba per quello di Medellin o Javier Zanetti per quello argentino. Oppure grazie a don Gino Rigoldi per la Romania o il Coe, un centro di volontari attivo in Africa, per il progetto in Camerun. «Sia ben chiaro - ci tiene a sottolineare ancora Seregni - che l'Inter non costruisce scuole calcio. Né tanto meno vuole andare a piantare bandiere. Non è questo tipo di colonizzazione che ci interessa. L'accordo viene fatto con strutture già esistenti, alle quali si offre la formazione per gli allenatori e i materiali per i bambini: non solo magliette, ma anche scarpe e guantoni. Non sempre è facile. In alcuni stati bisogna aprire canali diplomatici, in altri bisogna fare i conti con gli sconvolgimenti geopolitici: come quelli che ci hanno impedito di farne uno in Iraq».
Il prossimo Inter Campus sarà a Teheran. Perché la filosofia dell'Inter è sempre quella, la stessa dei padri fondatori il 9 marzo del 1908: costruire squadre in cui nessuno si senta straniero.


Matteo Lunardini
il manifesto, domenica 29 aprile 2007, pagina 14

giovedì 11 ottobre 2007

Un altro calcio c'è già: riprendiamoci il calcio

Ciao a tutti
riporto quest'iniziativa dell'Associazione l'Altropallone
Mauro
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Quello che abbiamo proposto ai Ministri Melandri e Fioroni...

L’Altropallone c'è già: usatelo!

Premiare e proporre modelli positivi all’interno del calcio professionistico e delle società sportive giovanili

Restituire al calcio giovanile la dimensione ludico-aggregativa

L’Altropallone ha già segnalato la strada.
L'Altropallone ha già segnalato la strada. Facciamo in modo che stadi, società, tifoserie,...mettano il loro cuore nel pallone. E questo vale sia per il calcio professionista sia per quello dilettantistico. Solo in questo modo usciamo dall'ottica che il più forte sia solo e sempre chi segna più goals. E allarghiamo la partecipazione attiva femminile al clalcio. L'Altropallone c'è già: usatelo!

1) Educazione civica e fisica, ai diritti e ai doveri
Lo star bene con se stessi e con gli altri

Dichiariamo l’importanza dell’educazione civica come momento di formazione irrinunciabile dei giovani cittadini. Facciamo in modo che tramite l’attività sportiva si acquisisca coscienza, responsabilità e consapevolezza: della propria fisicità, dei propri avversari, di quel filo comune che ci lega agli altri, ben sapendo che la nostra libertà finisce dove inizia quella altrui. Fumetti, cartoni animati, sito internet, cd rom,…materiali interattivi trasformati in partecipativi.

2) Giochiamoci sopra

Permettere una sperimentazione ragionata dello sport come momento di incontro

Facciamo rotolare i palloni dappertutto. Conosciamo e incontriamo gente con il calcio, perché quando non è uno scontro si vince sempre. Padri e figli, vicini di casa, parenti e sconosciuti,… quattro tiri a l’altropallone insieme, senza fretta. Organizziamo la migliore giornata della loro vita!

3) Campagna d’informazione

Adesso ci riprendiamo il calcio!

Tappezziamo la città, invadiamo le scuole, mettiamo in loop radio e tv.

Fondamentale è che la campagna sia formulata in termini positivi e propositivi e che parta dai presupposti sopra elencati e che si condivida che, dopo calciopoli e dopo i fatti di Catania, il Calcio va cambiato e… un altro calcio c’è già!

4) Riempiamo gli stadi di bambini
Riqualificare lo “spazio-stadio”; restituirlo alle famiglie

Invece di chiuderli, di barricarli, facciamo in modo che vengano restituiti a chi il calcio vuole veramente andare a vederlo. Facciamo in modo che le platee siano occupate da bambini.

Facciamoli partecipare, facciamo in modo di crescerli senza paura. Chi non ha paura non attacca e non si difende: GIOCA!

5) Rete Solidale

Promuovere nuovi modelli positivi di politiche giovanili nazionali e internazionali

Lo sviluppo di una nuova coscienza sportiva: collettiva e condivisa, etica e equa. Perché un altro calcio c’è già!

E’ per questo che vogliamo parlare di prevenzione, di aggregazione, di pace; e lo vogliamo fare in termini globali. Una Rete di centri solidali: Milano, Roma, Napoli, ma anche Nairobi, Gaza, Buenos Aires, Rio de Janeiro, San Paolo, Sarajevo, Bucarest,…

La creazione di una “Rete Solidale” di soggetti e esperienze di aggregazione sportiva, culturale, ricreativa, educativa, sociale… è un'idea-progetto che mettiamo a disposizione dei Ministeri Sport e Politiche Giovanili (e Pubblica Istruzione), proprio per il gruppo di lavoro che si sta costituendo.



sabato 6 ottobre 2007

ADDIO A FACCHETTI, UNA PERSONA PER BENE

Ho trovato sul sito www.inter.it un articolo molto bello dedicato a Facchetti, ed ho pensato di condividerlo con voi. Mauro
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Lunedì, 04 Settembre 2006 14:58:14
Era già Sua la storia. Ora siede sul trono dell’Eternità.
Giacinto Facchetti ci ha lasciato troppo velocemente per non confondere, in questi attimi, il dolore e la rabbia, il senso d’ingiustizia e la preghiera.
Ci ha lasciato dopo aver giocato, con determinazione e stile, l’ultima partita. Spinto nel campo del dolore da un destino nascosto, improvviso, bastardo. L’atleta, nella testa e non solo nel fisico, nella morale e nei riti di una vita quotidiana all’insegna della lealtà e dello sport, ha lasciato il posto all’uomo di 64 anni sorpreso, colpito, ferito, ma non vinto.
Ha stretto i denti, ha combattuto sorretto dall’affetto dei suoi cari, di Massimo Moratti, di tutta l’Inter e di tutti gli interisti, mai abbandonato dal campionato infinito di amici che aveva, che ha, che lascia attoniti, storditi, in Italia e nel mondo.
Oggi ci ha lasciati il diciannovesimo presidente della storia dell’Inter, il campione nerazzurro e azzurro indimenticato e indimenticabile, il dirigente italiano stimatissimo in Fifa e Uefa, il marito, il padre, il nonno, l’amico.

Oggi ci ha lasciato Giacinto Facchetti, una persona per bene.
F.C. Internazionale/g

giovedì 4 ottobre 2007

L’associazione e le sue finalità

L’Inter Club “Kayunga” è stato fondato a Kampala nel giugno 2003 su iniziativa di alcuni medici italiani dell’ong “Medici con l’Africa-CUAMM” e ugandesi accomunati dalla stessa passione calcistica per la Beneamata.

Tra essi il medico di Como Italo Nessi che è il Presidente del nostro Club, l’unico Inter Club del continente africano!
Kayunga nella lingua luganda significa “legare, unire”.

Ed è ciò che la nostra finalità sociale si prefigge: unire persone e culture diverse legandole nel nome di un valore grande ma oggi calpestato come lo sport.

Intendiamo inoltre promuovere una “nuova cultura” nel mondo del calcio basata su valori quali la lealtà e la correttezza sportiva, la passione senza fanatismo e violenza, l’incontro solidale tra individui e popoli profondamente diversi per razza, cultura, religione, ecc.
La celebrità e la popolarità del calcio rappresentano per noi “un terreno” privilegiato per far fruttare obiettivi totalmente benefici:
finanziare progetti di solidarietà e cooperazione(di emergenza sanitaria ma anche di natura sportiva e aggregativa) in un Paese martoriato da carestie, Aids e guerre...

Iscrizioni

Care e cari,
siamo ancora campioni d'Italia, non sembra vero.
Tant'è che alla prima di campionato anche la squadra pareva incredula.
Forse è la strategia del centenario, mimetizzarci per cinque o sei partite e poi vittorie fino all'ultima giornata.
A noi tocca la solita parte: amore e fede.
Così ci pare sacrosanto riaprire le iscrizioni all'Inter club Kayunga.

Le quote associative sono state definite dal Consiglio come di seguito:

Socio Junior (sino a 14 anni) 10 euro (di cui 7 euro verranno versati al Coord. Inter Club).

Socio Senior 20 euro (di cui 14 euro verranno versati al Coord. Inter Club).

Vi aspettiamo.
Ciao.
Ernesto Farina e Mimmo Arnaboldi

Il primo comunicato

E' con immenso piacere che annunciamo la nascita dell' Inter Club Kayunga.
In data 17/6/2003, con atto notarile presso l'Ambasciata d' Italia in Kampala - Uganda, e' stato costituto il nostro Inter Club.
Siamo particolarmente orgogliosi anche perche'questo e' il primo Inter Club africano della storia dell'Internazionale F.C..

L'iniziativa e' nata da un gruppo di medici dell'Associazione non governativa Cuamm - Medici con l'Africa che lavorano volontariamente in Uganda nel settore della cooperazione sanitaria.
Casualmente alcuni dei medici ora in Uganda hanno scoperto di essere tifosi della stessa squadra, l'Inter, appunto, ed hanno deciso di costituire il club.
L'associazione Cuamm - Medici con l'Africa e' presente in Uganda dal 1959, centinaia di medici e tecnici hanno lavorato come volontari e cooperanti in numerosi progetti sanitari a favore della popolazione ugandese martoriata da anni di guerra civile e da importanti malattie, non da ultimo l'AIDS.

Abbiamo scoperto che, grazie alla globalizzazione, sono molti gli ugandesi che seguono i campionati calcistici europei in televisione. Tra questi un rilevante numero si appassiona al calcio italiano. Non e' stato difficile trovare persone che tifano per l'Inter Milan, ovvero per l'Inter di Milano. A noi fa un certo effetto vedere associato il nome Inter al nome Milan, perche' subito ci ricorda, purtroppo, l'esistenza dei cugini rivali milanisti.

Alcune delle partite del campionato italiano vengono trasmesse, oltre che da Rai International, dalla televisione satellitare sudafricana. Dallo scorso anno la UTV, televisione nazionale ugandese trasmette quarti, semifinali e finali della Champion League europea.
E' cosi' che purtroppo, abbiamo potuto assistere in diretta all'eliminazione dell'Inter da parte dei cugini rossoneri.

Come si puo' facilmente immaginare, date le precarie condizioni di vita, sono poche le famiglie che possono permettersi una televisione e tanto meno una parabola.
Alcuni commercianti, sentendo profumo di affari hanno provveduto a dotare qualche bar, anche in zone remote, di una televisione e di impianto satellitare. La gente si raduna in questi locali pubblici, ove per la modica cifra equivalente a 25 centesimi di Euro, puo' guardare le partite.
Accade quanto succedeva in Italia agli inizi degli anni sessanta, ai primordi dell'era televisiva.
Vi lascio immaginare l'ambiente surriscaldato che vi si crea ed i commenti e le scene di esultanza o di rammarico.

L' Inter Club Kayunga prende il nome dall'omonimo distretto (l'Uganda e' suddivisa amministrativamente in distretti, equivalenti grosso modo alle nostre regioni) che dista una settantina di chilometri da Kampala, la capitale. E' uno dei distretti ove lavora chi vi scrive. Distretto che deve affrontare notevoli problemi sia dal punto di vista sanitario che sociale.
Kayunga in lingua Luganda, che è la lingua locale del distretto, significa unire, mettere insieme.
E' per questo che abbiamo scelto questo nome: è quello che vorremmo fare, unire culture e genti diverse tramite il calcio.

Abbiamo scelto come sede ufficiale del nostro club l'ufficio di coordinamento del Cuamm - Medici con l'Africa di Kampala. Questo perche' il Coordinatore nazionale del Cuamm - Medici con l'Africa ci permette di usufruire gratuitamente dell'impianto di segreteria gia' operativo da anni.
Inoltre l'amministratore del Cuamm - Medici con l'Africa, Sig. Tito Dal Lago, e' da sempre un accanito tifoso interista ed ora anche segretario del nostro Inter Club.


Gli obiettivi dell'Inter Club Kayunga si possono sintetizzare nei seguenti:

· tifare per la nostra squadra del cuore e promuoverne l'immagine in Uganda e in Italia
· solidarizzare con la popolazione ugandese, promuovendo i valori sportivi - impegno, lealta', dedizione - troppo spesso dimenticati o lasciati in disparte
· promuovere anche in ambito calcistico, considerato il crescente numero di calciatori africani del campionato italiano, una cultura di solidarieta' tra i popoli
· promuovere l'attivita' sportiva tra i giovani ugandesi anche come mezzo di crescita personale, sociale e culturale

A qualcuno potra' apparire strano che medici gia' oberati di impegni si dedichino anche all'Inter Club. Ma la fede calcistica e' come una pelle che ci si porta addosso e nel cuore sin dall'infanzia, e' una delle poche cose che nella vita non si abbandonano mai. Ascoltare alla radio il calcio minuto per minuto oppure riuscire a vedere qualche partita in televisione ci riporta immediatamente in Italia e ci fa sentire parte delle comunita' che abbiamo lasciato. E' fonte di rilassamento e di svago. Ci aiuta a non farci sommergere dai pressanti problemi che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni nell'esercizio della nostra attivita' professionale. Come potete facilmente immaginare la realta' sanitaria e sociale, non e' comparabile a quella italiana. I problemi portati dalla poverta' sono enormi e difficili da affrontare.

Negli ultimi anni la storia dell'Inter e' stata travagliata. Nonostante l'impegno profuso dal nostro Presidente e dalla Societa', non abbiamo ancora potuto assaporare la gioia di un successo pieno.
Cio' non deve essere ne' motivo di vergogna rispetto ad altre tifoserie ne' motivo di avvilimento.
Come ripetiamo spesso ai nostri pazienti africani la speranza c'e' sempre e va cercata. Anche se poveri possono camminare a testa alta. Da interisti anche se a volte sconfitti dobbiamo camminare a testa alta, perche' comunque noi siamo l'Inter e lo saremo sempre e comunque.

Per altro crediamo che quest'anno ci portera' tante soddisfazioni calcistiche, siamo fiduciosi di potere finalmente gioire per il raggiungimento di meritati traguardi.

Concludo queste righe ringraziando di cuore tutti coloro che in Italia ed in Uganda si sono impegnati per la costituzione dell'Inter Club Kayunga, in modo particolare il Prof. Antonio Pisino, coordinatore degli Inter Clubs extra italiani ed il Dr. Bruno Venturini, nostro tesoriere e segretario per l'Italia.

Forza Inter, sempre, dovunque e comunque!!!

TOP 10 Gol Inter 2006/2007