sabato 24 aprile 2010

Uno scudetto non revocabile

Fonte: Il manifesto di venerdì 23.04.2010 pagina 14 di Luigi Cavallaro

Segnalato da Mimmo Arnaboldi

Nella discussione sulle intercettazioni inedite di Calciopoli, c'è il tentativo di confondere il piano storico e quello giuridico per ritrovare nei tribunali la dignità persa sui campi di gioco. Ma la prescrizione e le regole della giustizia sportiva rendono inutile la nuova inchiesta della Figc.
Nella discussione su Calciopoli ci sono due piani da tenere distinti: il piano storico e il piano giuridico. Quest'ultimo a sua volta presenta due risvolti: quello sportivo e quello penale.
Dal punto di vista penale la cosa è semplice. Il processo di Napoli contro Moggi e altri è volto ad accertarne la colpevolezza o l'innocenza in relazione al reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Il fatto che la difesa di Moggi cerchi di sostenere che i comportamenti contestatigli fossero comuni a molti altri dirigenti è logico: l'obiettivo è quello di persuadere i giudici che si trattava di comportamenti diffusi, magari moralmente deprecabili ma comunque penalmente irrilevanti. Il processo si concluderà con una condanna o un'assoluzione degli imputati; se poi la Procura dovesse ritenere che le intercettazioni inedite acquisite al processo configurino illeciti penali a carico di terzi, indagherà anche costoro (nei limiti della prescrizione e, naturalmente, dell'esistenza in vita).
Non meno semplice mi sembra la questione sotto il profilo sportivo. I comportamenti di Moggi in quanto dirigente della Juventus sono già stati sanzionati dagli organi federali nel 2006; quelli che dovessero emergere a carico di terzi nell'inchiesta aperta mercoledì dalla Procura federale sono verosimilmente destinati a cadere sotto la scure della prescrizione, che - secondo il regime allora vigente - maturava per i tesserati «al termine della quarta stagione sportiva successiva a quella in cui è stato posto in essere l'ultimo atto diretto a commettere le infrazioni» e per le società «al termine della seconda stagione sportiva successiva a quella in cui è stato posto in essere l'ultimo atto diretto a commettere le infrazioni stesse». Trattandosi di fatti risalenti alla stagione 2004-2005, pochi dubbi possono sussistere al riguardo.
E l'assegnazione degli scudetti? Vi è chi dice che la Juventus potrebbe chiedere la revocazione della sentenza della Caf con cui le furono tolti gli scudetti 2005 e 2006. Ma la revocazione (che dev'essere chiesta entro 30 giorni dalla scoperta dei fatti che la possono determinare) è possibile solo in casi tassativi, e cioè se se si dimostra: 1) che la sentenza è stata frutto «del dolo di una delle parti in danno all'altra»; 2) che «si è giudicato in base a prove riconosciute false dopo la decisione»; 3) che «a causa di forza maggiore o per fatto altrui, la parte non ha potuto presentare nel precedente procedimento documenti influenti ai fini del decidere»; 4) che «è stato omesso l'esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia»; 5) che «nel precedente procedimento è stato commesso dall'organo giudicante un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa».
Ora, se le nuove intercettazioni dovessero dimostrare che l'illecito sportivo per cui sono stati condannati Moggi e Giraudo (e cioè la violazione dell'art. 6 del Codice di Giustizia Sportiva, che sanziona «il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica») era in realtà comune a molti altri, non ci troveremmo in alcuna delle ipotesi di revocazione: l'illecito sportivo degli altri non escluderebbe infatti l'illiceità sportiva del comportamento dei dirigenti della Juventus. La revocazione ha la finalità di rimuovere una condanna inflitta ingiustamente a qualcuno, ma la condanna di qualcuno è ingiusta solo quando quel qualcuno è innocente, non quando qualcun altro non è stato condannato insieme a lui.
Ultima questione: la scoperta di eventuali illeciti commessi da dirigenti nerazzurri potrebbe comportare la revoca dello scudetto 2006? Chi sostiene di sì richiama il parere redatto dal comitato di esperti cui si rivolse l'allora commissario Guido Rossi per stabilire se lo scudetto revocato alla Juve potesse essere assegnato alla prima classificata dopo le penalizzazioni: il parere infatti si concludeva dicendo che il titolo poteva anche non essere assegnato per motivi di «ragionevolezza e di etica sportiva» (ad esempio, quando ci si fosse resi conto «che le irregolarità sono state di numero e portata tale da falsare l'intero campionato ovvero che anche squadre non sanzionate hanno tenuto comportamenti poco limpidi»). Sennonché, le intercettazioni fin qui rese disponibili si riferiscono non già alla stagione 2005-2006, ma a quella precedente, per la quale il titolo è stato, appunto, «non assegnato». Di conseguenza, non possono essere utilizzate per giudicare della legittimità dell'assegnazione dello scudetto relativo alla stagione successiva: eventuali irregolarità che avrebbero potuto comportare la non assegnazione del titolo 2005-2006 avrebbero dovuto essere commesse nella stessa stagione - e da nessuna parte è emerso che ce ne siano state.
Per di più, che queste telefonate possano di per sé denotare «comportamenti poco limpidi» dei dirigenti dell'Inter è tutto da dimostrare. La sentenza della Caf ha chiarito che i «ripetuti incontri, anche conviviali» tra i dirigenti bianconeri e i designatori e la «frequenza delle telefonate tra loro intercorse» avrebbero costituito un fatto «insignificante» se non fosse stato per il «contenuto delle conversazioni telefoniche antecedenti e successive agli incontri», che rivelava che la funzione dei colloqui era quella di intervenire sul settore arbitrale in modo da condizionarlo e ottenere l'auspicato «vantaggio in classifica». E se ciò è vero, bisogna concludere che non erano i colloqui in sé a integrare la condotta antisportiva, ma il loro contenuto: il quale, vale la pena di ricordarlo, testimoniava dell'«interferenza di Moggi nella fase di predisposizione delle griglie e, dopo il sorteggio dell'arbitro, nella fase di designazione degli assistenti», allo scopo di assicurarsi non solo «un arbitraggio favorevole in relazione alla gara della propria squadra» ma anche «di impedire che le squadre concorrenti potessero usufruire di arbitraggi ad esse favorevoli».
Infine, c'è da dire che, una volta assegnato, lo scudetto può essere soltanto revocato. Va da sé che non potrebbe esserlo per comportamenti disciplinarmente rilevanti, poiché questi ultimi sarebbero coperti da prescrizione. Ma non meno arduo è ipotizzare una revoca per esigenze di ripristino dell'«etica» e della «trasparenza», come pure taluno ha sostenuto, perché - per un principio generale immanente al nostro ordinamento giuridico - provvedimenti che attribuiscono a qualcuno un certo beneficio possono essere «revocati» solo nella misura in cui all'autorità concedente è concesso un potere di tipo sanzionatorio (o altrimenti ablatorio). E nessun potere sanzionatorio la Federazione potrebbe mai esercitare nei confronti dell'Inter, essendo appunto maturati i termini prescrizionali.
Fin qui il piano giuridico. Sul piano storico ci si può chiedere: perché per Calciopoli ha pagato solo la Juventus, o comunque soprattutto la Juventus? Qui ognuno può pensarla come crede, con l'obbligo morale di motivare al meglio i propri convincimenti. Personalmente credo che Calciopoli rifletta al meglio la storia e lo stato dell'Italia - i suoi tanti vizi e le sue pochissime virtù. Ma per piacere, non confondiamo i piani del discorso: non serve a nessuno, fuorché a quanti pretendono di ritrovare nei tribunali la dignità perduta sui campi da gioco.

Nessun commento: