domenica 14 marzo 2010

Ebbene, si...Catania-Inter 3-1 Serie A, 28^ giornata


E’ ufficiale: da stasera sono seriamente preoccupato.
E non lo dico perché abbiamo perso, o meglio non solo per quello: lo sono perché abbiamo perso una partita che non meritavamo di perdere; se oltre a noi stessi adesso ci si mette pure il fato, temo che il cocktail che ne viene fuori sia letale.

Avevamo cominciato come al solito, titubanti ed impacciati al cospetto delle folate altrui; eravamo riusciti a superare indenni le fiammate iniziali e a portare negli spogliatoi un misero ma se non altro utile pareggio.
Per di più nella ripresa eravamo riusciti a salire in cattedra, segnare il gol, giocare con discreta autorità rischiando nulla da un avversario che si preparava moralmente alla sconfitta visto che fisicamente già non c’era quasi più.

Poi, lui: l’uomo nero che più nero non si può, calato in campo non si sa in ossequio a quale mossa tattica, ignaro di portare sulle spalle il fardello del man of the match (purtroppo per gli altri): Muntari.

Quando il destino si accanisce contro uno in particolare è inutile intestardirsi a cercare di cambiare il corso delle cose: alla fine ci si accorge d’essere stati la causa del proprio male solo per il fatto d’aver insistito; io ho difeso Muntari ogni volta che ho potuto, anche quando era indifendibile, a condizione che si parlasse di impegno e di calcio, ma contro la stupidità non ci provo nemmeno.
Entrare in campo e beccarsi un giallo dopo un minuto, causare una punizione pericolosa, mettersi in barriera in area e saltare col braccio alto, essere nuovamente ammoniti e quindi espulsi, causare il rigore, subire il gol e perdere la partita: non mi ricordo una tale reazione a catena dai tempi del crollo delle torri gemelle.

E che dire dell’altro sfigato cosmico: Quaresma?
Entra nella ripresa, cambia volto alla gara, è reattivo, salta l’uomo, allarga il fronte dell’attacco, insomma gioca una bella partita di cui nessuno si ricorderà più se non per il fatto che (Dio non voglia) quel giorno abbiamo imboccato il viale del tramonto.

No, non ci siamo per niente: continuiamo a perderci in polemiche inutili e sfiancanti invece di stare zitti e siamo in serio calo fisico e mentale lì dove invece dovremmo reagire e venirne fuori; assistiamo da troppo tempo a partite della vita da parte di chi ci affronta nella continua attesa di giocarne una noi così: il tempo intanto passa, gli avversari ci sono addosso e l’unica cosa che cambia sono i punti di distacco che ci restano ogni volta.

Oggi non dovevamo perdere, anzi: dovevamo vincere.
E invece abbiamo perso.

Martedi abbiamo il Chelsea: non so nemmeno cosa augurarmi visto che ogni risultato racchiude in sé motivi di speranza e di preoccupazione, quindi vada come vada.
Resto preoccupato dal fatto che vedo sempre più possibile il disgregarsi di tutto ciò che avevamo faticosamente costruito in questi quasi due anni: c’è modo e modo di terminare un ciclo, non mi illudo certo di poter vincere uno scudetto all’anno, ma qui il rischio è di mandare all’aria molto più che un campionato.

Mi farò coraggio e confiderò ancora nell’orgoglio dei nostri ragazzi, nella professionalità del nostro allenatore, nella buona sorte che tornerà dalla nostra parte.
Ma non stasera, stasera ho proprio l’espressione di Buster Keaton.

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